‘ndrangheta. Operazione ‘Call me’: fino a 2000 telefonate a settimana dal carcere per gestire gli affari

I boss della cosca di ‘ndrangheta La Rosa di Tropea, nel vibonese, seppure detenuti in carcere, mantenevano i contatti con familiari e affiliati grazie a cellulari e schede sim intestate ad extracomunitari fatte entrare illegalmente, continuando così a gestire gli affari illeciti del clan.

E’ quanto emerso dall’operazione denominata “Call me” condotta dalla Guardia di finanza, con il coordinamento della Dda di Catanzaro che ha portato all’arresto di 10 persone, 7 in carcere e tre ai domiciliari.

L’ordinanza di custodia cautela emessa dal Gip del Capoluogo è stata eseguita dai finanzieri dei Comandi provinciali di Vibo Valentia e Catanzaro, con il supporto di personale del Servizio centrale investigazione criminalità organizzata di Roma.

Le accuse sono di associazione di tipo mafioso a matrice ‘ndranghetistica, estorsione aggravata, accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti e trasferimento fraudolento di valori.

Oltre agli arresti, i finanzieri hanno eseguito una serie di perquisizioni nei confronti degli arrestati e di altri indagati residenti a Prato, Terni, Secondigliano (Napoli), Lamezia Terme (Catanzaro), Vibo Valentia, Tropea (Vibo Valentia), Spilinga (Vibo Valentia), Ricadi (Vibo Valentia), Zaccanopoli (Vibo Valentia).

Dalle indagini, condotte dagli investigatori dei Nuclei di Polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Vibo Valentia e del Gico del Nucleo di Polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Catanzaro, sono emersi anche diversi episodi estorsivi perpetrati ai danni di esercizi commerciali che offrivano “sostegno materiale” agli appartenenti alla cosca rimasti in libertà, provvedendo anche ai bisogni dei detenuti e al pagamento dei difensori. In tale contesto, secondo gli investigatori, un ruolo importante lo hanno svolto alcune figure femminili – una ritenuta appartenente alla cosca – che sono sospettate di avere gestito le finanze, riscosso le estorsioni, oltre ad avere assicurato i contatti tra carcere e ambiente esterno, procurando i telefoni cellulari, effettuando le ricariche e diffondendo istruzioni e messaggi funzionali al mantenimento della struttura criminale.

Dalle intercettazioni e dalle successive indagini, è stata ricostruita anche un’estorsione compiuta ai danni di un imprenditore locale durante la pandemia da Covid-19, oltre ad un episodio di trasferimento fraudolento di un bene immobile, poi ceduto a terzi, allo scopo di eludere eventuali sequestri da parte dell’Autorità giudiziaria.

C’erano soggetti che effettuavano anche 2000 telefonate a settimana, in totale abbiamo monitorato oltre 30mila conversazioni – ha detto in conferenza stampa il comandante del Nucleo di Polizia economica-finanziaria della Guardia di finanza di Vibo Valentia”.

Il procuratore Salvatore Maria Curcio ha lanciato l’allarme sull’ormai endemica presenza di “cellulari, piccoli anche sette centimetri, tablet, smartphone e apparecchi wi fi in carcere. Un vero e proprio allarme sociale anche alla luce dei dati forniti dal Dap: nel 2022 sono stati rivenuti e sequestrati nelle carceri 1.084 telefonini, nel 2023 il numero è salito a 1.595 e nel 2024 si contano 2.552 sequestri. Un dato allarmante che crea un vulnus nella sicurezza pubblica“.

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