CROTONE. MAXI OPERAZIONE CONTRO LA ‘NDRANGHETA: 31 MISURE CAUTELARI

Vasta operazione anti ‘ndrangheta in provincia di Crotone per disarticolare il Locale di Cirò.

I carabinieri hanno arrestato 31 persone tra Cirò Marina, Cirò, Umbriatico, Nova Siri e Trieste.

150 militari hanno dato esecuzione al provvedimento di custodia cautelare emesso dal Gip su richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro.

A due indagati è stato notificato nelle Case circondariali di Catanzaro e di Ancona dove erano già detenuti per altri motivi.

Le accuse per tutti sono di associazione a delinquere di tipo mafioso, estorsione e reati in materia di armi e di sostanze esplodenti, questi ultimi aggravati dal metodo mafioso.

Dalle indagini è emerso che le vittime di furti o di altri reati chiedevano aiuto ai presunti affiliati al Locale di ‘ndrangheta di Cirò che si interessavano di farli rientrare in possesso dei loro beni o di avere “giustizia”.

Le stesse vittime omettevano quasi sempre di presentare denuncia agli organi istituzionali preposti, tranne nei casi in cui vi erano costretti per incassare i premi assicurativi.

L’inchiesta è la prosecuzione dell’operazione Stige del gennaio 2018.

Dalle indagini è emerso anche come la cosca avesse ottenuto, con minacce esplicite ed implicite, il controllo dei porti di Cirò Marina e di Cariati e controllasse, in regime di monopolio, l’intera filiera del pescato.

Dall’indagine è emersa anche la spiccata resilienza del Locale e la capacità di ricompattarsi dopo il duro colpo subito nel 2018, mantenendo l’operatività con le modalità già riscontrate in precedenti indagini. I carabinieri hanno inoltre ricostruito l’attuale organigramma, dove sarebbero inseriti sia i “veterani” che le “nuove leve” che hanno potuto avvalersi anche dei familiari e/o dei conviventi di altri soggetti già detenuti perché coinvolti in precedenti operazioni.

E’ emersa pure la capacità di controllo del territorio attraverso la forza intimidatrice per monopolizzare interi settori commerciali con l’apertura di nuove realtà economiche gestite dagli affiliati, da loro familiari o da prestanome. Scoperta anche l’esistenza di una “bacinella”, a cui attingere per pagare gli stipendi agli affiliati, per sostenere economicamente le famiglie dei detenuti e pagare le spese legali, ma anche per garantire economicamente lo svolgimento delle nozze della figlia del capo della Locale di Cirò.

La cosca avrebbe anche avuto la disponibilità di armi da guerra e comuni da sparo, in parte sequestrate, e di esplosivo da utilizzare per le intimidazioni.

Il Locale di Cirò aveva poi rapporti con gli affiliati di una speculare cellula criminale in Germania e sovrintendeva alle attività della presunta ‘ndrina “Giglio” inserita nella Locale di Strongoli nonché delle ‘ndrine di Cariati e Mandatoriccio, nel cosentino.

 

 

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