Una vasta operazione denominata “Drug Family” ha consentito di smantellare un’organizzazione criminale su base familiare, operante nell’area sud della città di Catanzaro, nel quartiere Aranceto, che si occupava dello spaccio al minuto di marijuana, hashish, cocaina ed eroina.
Carabinieri e Polizia hanno eseguito l’ordinanza di misura cautelare nei confronti di 31 soggetti, 18 finiti in carcere, 10 agli arresti domiciliari e 2 sottoposti all’obbligo di presentazione alla P.G. Misura cautelare anche per un minore. L’inchiesta scaturisce da due distinte attività investigative poi riunite in un’unica indagine.
Secondo quanto documentato, l’attività di spaccio al minuto veniva attuata direttamente nelle abitazioni del quartiere diventato un vero proprio market della droga, ed è continuata anche durante il lockdown. Alcuni indagati si avvalevano di telecamere da loro posizionate nel quartiere per sorvegliare l’eventuale arrivo di pattuglie delle Forze dell’Ordine e in un caso i carabinieri sono stati attirati in una imboscata e colpiti da una fitta sassaiola.
“Un comportamento odioso quello di sfruttare i bambini per spacciare la droga“. Così il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri ha stigmatizzato quanto emerso nell’inchiesta “Drug family”. Il coinvolgimento dei minori era tale da avere indotto il gip per il Tribunale dei minori a disporre la misura cautelare per un ragazzo.
“Sono stati coinvolti dei minori – ha aggiunto Gratteri – e questa purtroppo sta diventando una costante. Questo è un allarme che fa capire, anche dal punto di vista sociale, che altre istituzioni, altri organismi devono intervenire per debellare questa piaga. Noi, con le forze dell’ordine cerchiamo di fare la nostra parte”.
L’indagine ha riguardato il quartiere Aranceto di Catanzaro dove, ha detto il capo della Squadra mobile Fabio Catalano, il territorio “è ostaggio di sparuti gruppi di famiglie che condizionano l’esistenza di tutta la popolazione residente”.
Il procuratore aggiunto Vincenzo Capomolla ha sottolineato come l’indagine, condotta da carabinieri e polizia, sia stata ostica poiché gli indagati hanno adoperato un sistema di videosorveglianza per controllare entrate e uscite.
“I risvolti sul territorio sono stati inquietanti – ha detto -, abbiamo registrato due casi per overdose, con una vittima e un sopravvissuto. I minori venivano utilizzati sistematicamente sia per quanto riguarda le vedette ma anche per i contatti tra i vari componenti dell’associazione e con gli assuntori delle sostanze stupefacenti”.
Capomolla ha detto che le attività tecniche di indagine si sono avvalse anche delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. C’è stato anche il contributo di un collaboratore “mancato – ha detto – nel senso che ha avviato un percorso di collaborazione dall’interno dell’associazione per poi fare delle diverse. Anche nei suoi confronti è stata adottata la misura cautelare”. “Non ci sono santuari inespugnabili”, ha affermato il procuratore aggiunto Giancarlo Novelli, responsabile per la Dda della fascia ionica. Affermazione sostenuta anche dal colonnello Antonio Montanaro, a giuda del comando provinciale dei carabinieri. Alcuni indagati si sono anche scontrati con le forze dell’ordine.
“In una occasione – ha raccontato il capitano Ferdinando Angeletti, comandante della Compagnia carabinieri di Catanzaro – è giunta al 112 una chiamata per incendio di auto. Giunte sul posto le gazzelle sono state raggiunte da una sassaiola. Una vera e propria imboscata ordita, probabilmente, perché pochi giorni prima era stato sequestrato dai militari un chilo e mezzo di cocaina. Lo spaccio avveniva su base familiare. L’abitazione interessata non doveva mai rimanere disabitata, sia per poter servire i clienti che per evitare controlli da parte delle forze dell’ordine”.
A capo dell’organizzazione – ha spiegato il dirigente della seconda sezione della Questura di Catanzaro Costantino Belvedere – vi era Marco Passalacqua.