A Milano Guardia di Finanza e Polizia locale stanno sequestrando 4 società che gestiscono locali di ristorazione all’interno del Mercato comunale milanese nel quartiere Isola, zona della movida, perché coinvolti in un’inchiesta della Dda del capoluogo lombardo sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta, ed in particolare della cosca Piromalli di Gioia Tauro (Reggio Calabria).
Il gip Sonia Mancini ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per 14 persone.
Le accuse sono di associazione mafiosa, estorsione, rapina, trasferimento fraudolento di valori e traffico illecito di rifiuti.
Dalle indagini è emerso che un presunto affiliato della cosca, si legge in un comunicato firmato dal procuratore Marcello Viola, era “impegnato in un’infiltrazione nel settore dei locali di intrattenimento, presenti nelle più rinomate aree della movida milanese“.
E attraverso “il tramite di un proprio ‘referente‘” con base a Milano “che si occupava dell’acquisizione e della gestione di numerosi locali, attribuendone fittiziamente la titolarità a prestanome“.
Al vertice del “gruppo mafioso” uno “ndranghetista con la dote “di ‘Vangelo’, in grado di dirimere eventuali controversie” e che “organizzava” gli affiliati “nelle diverse azioni criminali nel territorio milanese nel business dello smaltimento rifiuti, utilizzando come discariche aree protette e capannoni industriali abbandonati“.
Alle indagini hanno collaborato anche i Carabinieri del Comando Unità Forestali, il Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata di Roma e la Rete Operativa @ON di Europol.
Tra le attività illecite del clan da tempo radicato a Milano e che aveva come “solido punto di riferimento” la “potente cosca Piromalli “anche presunte truffe ai danni di agenzie di lavoro interinale“.
Gli arresti e le perquisizioni sono stati eseguiti eseguiti “nelle province di Milano, Monza-Brianza, Varese, Pavia, Modena e Mantova”.
La cosca poteva “contare sulla collaborazione di diversi soggetti compiacenti, utilizzati come prestanome cui veniva attribuita fittiziamente la titolarità di diversi esercizi commerciali ubicati in Lombardia e in Piemonte“.
Il clan portava avanti pure attività estorsive di “recupero crediti”, oltre alla “stipula di contratti di somministrazione fittizi in assenza di effettive esigenze di impiego di forza-lavoro, per truffare numerose agenzie di lavoro interinale con la complicità dei lavoratori somministrati che, sistematicamente, retrocedevano gli stipendi ai sodali”.